Davide Montella

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Parliamo di un tema affascinante e incredibilmente comune: l’abitudine. Quella forza potente, spesso invisibile, che plasma le nostre giornate e, in particolare, il nostro modo di guidare. È quella che io chiamo la “brutta bestia”, non perché sia intrinsecamente negativa, ma perché può diventare un ostacolo significativo quando si tratta di abbracciare il nuovo, specialmente nel mondo dell’automotive e della guida sicura.

La forza degli automatismi al volante

Guidare, per molti di noi, è diventata un’azione quasi inconscia. Cambiare marcia, controllare gli specchietti, mantenere la distanza: sono gesti radicati, frutto di anni di ripetizione. Questo crea una propria “zona di comfort” efficiente nella routine quotidiana.

Il problema nasce quando questa routine viene sfidata da tecnologie che richiedono un cambiamento, un nuovo apprendimento, uno sforzo consapevole per modificare automatismi consolidati. Non è (quasi mai) una questione di incapacità, ma di resistenza al cambiamento, la fatica di uscire da schemi mentali e comportamentali familiari.

Corsi e ricorsi storici: le innovazioni osteggiate

Questa resistenza non è un fenomeno nuovo. La storia dell’automobile e della guida sicura è costellata di innovazioni che oggi diamo per scontate, ma che all’inizio hanno incontrato scetticismo proprio a causa delle abitudini consolidate.

Volete alcuni esempi?

  • Il cambio automatico: ricordo ancora le discussioni! Per molti puristi della guida, rinunciare alla frizione e al controllo manuale delle marce sembrava inconcepibile, una perdita di “sensibilità” e connessione con l’auto. L’abitudine al gesto del cambio era fortissima.
  • Le cinture di sicurezza (e l’obbligo di indossarle): inizialmente viste da alcuni come scomode, limitanti, quasi un’offesa alla propria abilità di guida. L’abitudine a entrare e partire senza “legarsi” era difficile da sradicare, nonostante gli evidenti benefici per la guida sicura.
  • L’ABS: la sensazione insolita del pedale che pulsa durante una frenata d’emergenza ha generato diffidenza. I guidatori erano abituati a modulare la frenata “a modo loro”, e l’intervento automatico del sistema richiedeva fiducia e un cambiamento di mentalità.
  • I primi sistemi di navigazione GPS: abituati a mappe cartacee o alla memoria visiva dei percorsi, molti automobilisti hanno faticato ad affidarsi a una “voce” o a uno schermo, percepiti inizialmente come distrattori o meno affidabili dell’esperienza diretta.

Uscire dalla comfort zone: perché è fondamentale oggi?

Oggi ci troviamo di fronte a un’ondata di innovazioni ancora più profonde: sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS), infotainment connesso, elettrificazione e guida autonoma.

Resistere al cambiamento per abitudine significa precludersi vantaggi enormi in termini di sicurezza, efficienza, comfort e sostenibilità. Superare la “brutta bestia” dell’abitudine non è solo una sfida individuale, ma una necessità per migliorare la guida sicura e sfruttare appieno il potenziale tecnologico a disposizione.

Richiede curiosità, apertura mentale e la volontà di investire un piccolo sforzo iniziale per adattarsi ai nuovi modi di interagire con il proprio veicolo.

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Foto di copertina di https://unsplash.com/@janbaborak

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